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Greil Marcus - Mystery Train. Visioni d'America nel Rock
Libro consigliato da Paolo Vites nella discussione relativa al post sui 40 anni di musica italiana.
Letto e non piaciuto, nonostante il brillante lavoro di traduzione.[1]
Non mi è piaciuto perchè l'ho trovato poco interessante, meglio: è scritto con un'impostazione critica che in questo momento mi interessa davvero poco.
Wikipedia (versione inglese) di questo libro dice: "Il suo libro del 1975, "Mystery Train", ridefinì i parametri della critica della musica rock. Il libro piazza il rock and roll nel contesto degli archetipi culturali Americani, da Moby Dick al Grande Gatsby a Stagger Lee."
Ed è proprio questo il problema: Marcus parla dei testi delle canzoni, mettendoli a confronto con le opere letterarie che definiscono la "cultura americana".
E' un libro in cui si parla fondamentalmente dei testi delle canzoni, e a me interessa la musica.
E' un libro che dovrebbe quindi piacere a parecchi di quelli che girano qui: non parla di musica, ma di tutto quello che c'è intorno, perdendo di vista quello che c'è al centro, parlando tantissimo dei testi, e di quello che ha ispirato quei testi e di quello che quei testi hanno ispirato, e soprattutto di quali pensieri questi testi abbiano ispirato all'autore del libro.
E' un approccio che trovo molto "giornalistico", condito con le classiche banalità da "critico musicale rock" (batterie incalzanti, chitarre taglienti, bassi rotolanti e via stereotipando).
Trovo difficile appassionarmi a questo tipo di scrittura, soprattutto dopo aver letto i libri di Franco Fabbri che mettono al centro del discorso sulla musica, pensa te, la musica!
Per fortuna ci sono anche cose per cui vale lo stesso la pena di leggere questo libro: ad esempio, la visione della società americana degli anni '70 "in diretta" (la prima edizione del libro è del 1975), oppure il capitolo su Elvis Presley "da vivo".
Ma sono cose che hanno poco a che vedere con la musica, anzi, l'approccio musicologico è completamente ignorato[2] a favore di un più banale approccio da critico/fan[3], e la visione della storia della musica di Marcus è fortemente nordamericocentrica[4].
Bontà sua, l'autore ammette che anche qualche inglese (Beatles, Rolling Stones, Clash) ha contribuito alla musica rock, ma questi li chiama "americani immaginari"...
L'analisi sociologica mi sembra appena abbozzata (i Padri Pellegrini, il linguaggio[5] del rock come reazione allo spirito calvinista della società americana) mentre più interessanti sono le parti in cui si parla delle lotte civili e del movimento di liberazione dei neri d'america.
Ma nel complesso, ripeto: un libro sulla musica che non parla di musica.
Parla di testi e contesti, aspetti sociologici e culturali, parla delle copertine dei dischi e della grafica.
E così, la parte più interessante per me è l'intervista che gli fa Paolo Vites in appendice.
Note e links:
[1] Non è uno scherzo, è tradotto piuttosto bene davvero, soprattutto da qualcuno che sa quando è giusto lasciare una parola inglese senza tradurla :)
[2] E' anche vero che lo IASPM è stato fondato solo nel 1981.
[3] Simile in questo, giuro che mi spiace scriverlo, allo stile di Lester Bangs, che in più scriveva quasi sempre di sè stesso, e quasi mai di musica.
[4] E fortemente limitata per al prospettiva storica che evidentemente non poteva avere 35 anni fa, quando oltretutto aveva solo 30 anni: Randy Newman? The Band?
[5] Proprio nel senso puro del termine: le parole delle canzoni...
Letto e non piaciuto, nonostante il brillante lavoro di traduzione.[1]
Non mi è piaciuto perchè l'ho trovato poco interessante, meglio: è scritto con un'impostazione critica che in questo momento mi interessa davvero poco.
Wikipedia (versione inglese) di questo libro dice: "Il suo libro del 1975, "Mystery Train", ridefinì i parametri della critica della musica rock. Il libro piazza il rock and roll nel contesto degli archetipi culturali Americani, da Moby Dick al Grande Gatsby a Stagger Lee."
Ed è proprio questo il problema: Marcus parla dei testi delle canzoni, mettendoli a confronto con le opere letterarie che definiscono la "cultura americana".
E' un libro in cui si parla fondamentalmente dei testi delle canzoni, e a me interessa la musica.
E' un libro che dovrebbe quindi piacere a parecchi di quelli che girano qui: non parla di musica, ma di tutto quello che c'è intorno, perdendo di vista quello che c'è al centro, parlando tantissimo dei testi, e di quello che ha ispirato quei testi e di quello che quei testi hanno ispirato, e soprattutto di quali pensieri questi testi abbiano ispirato all'autore del libro.
E' un approccio che trovo molto "giornalistico", condito con le classiche banalità da "critico musicale rock" (batterie incalzanti, chitarre taglienti, bassi rotolanti e via stereotipando).
Trovo difficile appassionarmi a questo tipo di scrittura, soprattutto dopo aver letto i libri di Franco Fabbri che mettono al centro del discorso sulla musica, pensa te, la musica!
Per fortuna ci sono anche cose per cui vale lo stesso la pena di leggere questo libro: ad esempio, la visione della società americana degli anni '70 "in diretta" (la prima edizione del libro è del 1975), oppure il capitolo su Elvis Presley "da vivo".
Ma sono cose che hanno poco a che vedere con la musica, anzi, l'approccio musicologico è completamente ignorato[2] a favore di un più banale approccio da critico/fan[3], e la visione della storia della musica di Marcus è fortemente nordamericocentrica[4].
Bontà sua, l'autore ammette che anche qualche inglese (Beatles, Rolling Stones, Clash) ha contribuito alla musica rock, ma questi li chiama "americani immaginari"...
L'analisi sociologica mi sembra appena abbozzata (i Padri Pellegrini, il linguaggio[5] del rock come reazione allo spirito calvinista della società americana) mentre più interessanti sono le parti in cui si parla delle lotte civili e del movimento di liberazione dei neri d'america.
Ma nel complesso, ripeto: un libro sulla musica che non parla di musica.
Parla di testi e contesti, aspetti sociologici e culturali, parla delle copertine dei dischi e della grafica.
E così, la parte più interessante per me è l'intervista che gli fa Paolo Vites in appendice.
Note e links:
[1] Non è uno scherzo, è tradotto piuttosto bene davvero, soprattutto da qualcuno che sa quando è giusto lasciare una parola inglese senza tradurla :)
[2] E' anche vero che lo IASPM è stato fondato solo nel 1981.
[3] Simile in questo, giuro che mi spiace scriverlo, allo stile di Lester Bangs, che in più scriveva quasi sempre di sè stesso, e quasi mai di musica.
[4] E fortemente limitata per al prospettiva storica che evidentemente non poteva avere 35 anni fa, quando oltretutto aveva solo 30 anni: Randy Newman? The Band?
[5] Proprio nel senso puro del termine: le parole delle canzoni...