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Wish You Were Here - Pink Floyd

Una metafora culinaria per uno dei miei album preferiti dei Floyd: Wish You Were Here.
5 canzoni in tutto per uno degli album più famosi e più di successo della storia della musica rock.
Milioni di copie vendute, una straordinaria e surreale copertina, testi nostalgici, a tratti di alto lirismo e tutti dedicati al fondatore del gruppo: Syd Barrett.
Penso che sia Syd quella foto della copertina interna e precisamente quel sacchetto di cellophane che corre tra i filari d'alberi trascinato non più dalla sua volontà ma dal vento che scompiglia i capelli.
Un metafora culinaria dicevo: lo immagino come un enorme e succoso hamburger (mica uno di quelli di McDonald, eh) con Shine on You Crazy Diamond parte 1 e parte 2 a far da fette di pane, fragranti e croccanti, con Welcome To The Machine, Have a Cigar e Wish You Were Here a costituire l’imbottitura.
Welcome To The Machine, inquietante, quasi sperimentale, algida che preannuncia i temi disperati di Animals citando Huxley e preparando l’avvento dei testi orwelliani di Animal Farm.
Have a Cigar ovvero l’alienazione da successo, segue temporalmente e logicamente Money: i segni di saturazione e alienazione sono ormai evidentissimi.
E poi c’è Wish You Were Here, il canto ed il suono di due amici per chi non c’è più. Loro stessi si sono persi tra le braccia di una creatura mostruosa, una macchina da soldi, lontani dalla sperimentazione, dal divertimento, perfetti ingranaggi dell show business.
Quanta nostalgia in quelle parole:
Canzone sempre fantastica, nonostante il tempo che passa. Ha dentro di sé una montagna di nostalgia vera, non costruita a tavolino. Può non piacere la canzone ma dentro c’è vita, c’è verità c’è vissuto.
E poi resterebbero delle cose da dire pure “sulle due fette di pane”, dopo aver parlato della deliziosa imbottitura, e così per Shine On You Crazy Diamond preferisco linkarvi qui.
Per sempre:
"Remember when you were young, you shone like the sun. Shine on you crazy diamond".
5 canzoni in tutto per uno degli album più famosi e più di successo della storia della musica rock.
Milioni di copie vendute, una straordinaria e surreale copertina, testi nostalgici, a tratti di alto lirismo e tutti dedicati al fondatore del gruppo: Syd Barrett.
Penso che sia Syd quella foto della copertina interna e precisamente quel sacchetto di cellophane che corre tra i filari d'alberi trascinato non più dalla sua volontà ma dal vento che scompiglia i capelli.
Un metafora culinaria dicevo: lo immagino come un enorme e succoso hamburger (mica uno di quelli di McDonald, eh) con Shine on You Crazy Diamond parte 1 e parte 2 a far da fette di pane, fragranti e croccanti, con Welcome To The Machine, Have a Cigar e Wish You Were Here a costituire l’imbottitura.
Welcome To The Machine, inquietante, quasi sperimentale, algida che preannuncia i temi disperati di Animals citando Huxley e preparando l’avvento dei testi orwelliani di Animal Farm.
Have a Cigar ovvero l’alienazione da successo, segue temporalmente e logicamente Money: i segni di saturazione e alienazione sono ormai evidentissimi.
E poi c’è Wish You Were Here, il canto ed il suono di due amici per chi non c’è più. Loro stessi si sono persi tra le braccia di una creatura mostruosa, una macchina da soldi, lontani dalla sperimentazione, dal divertimento, perfetti ingranaggi dell show business.
Quanta nostalgia in quelle parole:
How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls swimming in a fish bowl,
year after year,
running over the same old ground. What have we found?
The same old fears,
wish you were here.
We're just two lost souls swimming in a fish bowl,
year after year,
running over the same old ground. What have we found?
The same old fears,
wish you were here.
Canzone sempre fantastica, nonostante il tempo che passa. Ha dentro di sé una montagna di nostalgia vera, non costruita a tavolino. Può non piacere la canzone ma dentro c’è vita, c’è verità c’è vissuto.
E poi resterebbero delle cose da dire pure “sulle due fette di pane”, dopo aver parlato della deliziosa imbottitura, e così per Shine On You Crazy Diamond preferisco linkarvi qui.
Per sempre:
"Remember when you were young, you shone like the sun. Shine on you crazy diamond".
Guardando Meddle dei Pink Floyd

Quando la musica ancora non correva su supporti digitali materiali quali i cd o percettivamente immateriali quali le memory stick, le foto di copertina, le copertine degli album erano parte imprescindibile dei dischi stessi, erano porzioni di musica.
I migliori, i più apprezzati erano gli album che si aprivano a libretto, dentro potevano esserci testi, foto, o entrambi.
Non era probabilmente solo il fascino del supporto vinilico, dischi con grandi copertine che facevano apprezzare maggiormente la musica ma anche, paradossalmente, la penuria di musica reperibile. Se non pagavi non potevi averla (vabbè d'accordo c'erano le musicassette e i registratori, ma non certo la facilità di schiacciare un pulsante e trovarsi intere discografie a disposizione).
Ascoltare la musica era spesso totalizzante, vuoi che si avevano meno album a disposizione e quindi ogni nuovo acquisto veniva ascoltato, riascoltato, quasi consumandone i solchi, vuoi perchè ogni album era una scelta precisa a costruire un percorso, una discografia. Ricordiamoci che, per costruirisi una discoteca degna di questo nome, ci volevano anni se non una vita. Ogni pezzo aveva un suo senso, ricordava un periodo, una sensazione, una motivazione ed era un passo verso il successivo acquisto, verso il successivo delinearsi di un percorso che veniva costruendosi nel tempo e che rifletteva in toto la propria evoluzione e persino oserei dire personalità.
Come simbolo delle copertine di quel periodo, ho scelto una copertina mancata: quella interna di Meddle.
Quei quattro brutti ceffi dei Pink Floyd ancora giovanissimi, già affermati, ma ancora ad un passo di distanza dal successo mondiale. Quanto le ho fissate qulle foto segnaletiche ascoltando Echoes, One of these days, A pillow of winds, etc.
Le immagini erano rare, non vi era inflazione di video, notizie, interviste, show televisivi vi era ancora la possibilità di fantasticare. In realtà la fantasia vi è ancora oggi ma è molto più difficile esercitarla in un mondo che tende ad esibire tutto. Il pericolo dell'abbondanza odierna e della scelta è di farsi sfuggire i Pink Floyd d'oggi, i Rolling Stones o i Beatles e così via.
Difficile scegliere una strada, costruire un percorso personale in mezzo a una miriade di strade già segnate e perfettamente asfaltate, difficile infine apprezzare appieno musica che si può ottenere senza alcun sforzo e a costo zero.
L'abbondanza sembra distrarci, sembra difficile.
Io non rimpiango un tempo in cui la musica era di difficile reperibilità, oppure un tempo in cui la musica bisognava pagarla a caro prezzo, come a dire: se non costa non vale nulla. No il mio discorso è differente. Trovo sconcertante di questo tempo e del suo modo di fruire della musica vedere persone che non capiscono un'acca avere discografie che nemmeno il più incallito dei completisti si è mai sognato di possedere, vedere persone che senza apprezzare quello che ascoltano sono prese da bulimia per cui hanno migliaia di dischi sul disco rigido (scusate il gioco di parole) senza avene mai ascoltato alcuno. Rimpiango anche in parte che qualcuno che si intenda di musica molto, ma molto, più di me faccia una scrematura preventiva dell'infinita produzione odierna: in altre parole oggi anche cani e porci possono pubblicare le loro cazzate, mentre, quando al lavoro vi erano fior di produttori (penso, per dirne uno al mitico produttore di Miles, Teo Macero) certe ciofeche non arrivavano in studio o ne arrivavano molte meno. Oggi quel lavoro di scrematura dalle cazzate me lo deve fare da solo. Bè è una rottura clamorosa e posso pure prendere qualche bel granchio, olte a perdere un sacco di tempo. Tra l'altro, l'atteggiamento del non appassionato, che accede comunque a discografie intere per il semplice gusto di accumulare, in una qualche misura nutre nell'inconscio collettivo l'idea che la musica, per il fatto di essere liberamente accessibile, sia solo un semplice oggetto di consumo senza alcun valore intrinseco. E addio all'arte o a quel che ne è rimasto.
Infine ci sarebbe anche da parlare della funzione dei critici musicali. Oggi vengono snobbati allegramente (anche da me che tendo a far le mie scelte da solo o su consiglio di amici fidati i.e. : che hanno i miei stessi gusti :) ), ma invece avevano e potrebbero ancora avere una loro funzione “specialistica” di aiutare l'amante della musica in un suo percorso di crescita ed evoluzione culturale. Ma magari, su questo specifico aspetto della critica si accenderà un dibattito (me lo auguro), e mi riprometto di tornarci su in modo più specifico e meno superficiale.
I migliori, i più apprezzati erano gli album che si aprivano a libretto, dentro potevano esserci testi, foto, o entrambi.
Non era probabilmente solo il fascino del supporto vinilico, dischi con grandi copertine che facevano apprezzare maggiormente la musica ma anche, paradossalmente, la penuria di musica reperibile. Se non pagavi non potevi averla (vabbè d'accordo c'erano le musicassette e i registratori, ma non certo la facilità di schiacciare un pulsante e trovarsi intere discografie a disposizione).
Ascoltare la musica era spesso totalizzante, vuoi che si avevano meno album a disposizione e quindi ogni nuovo acquisto veniva ascoltato, riascoltato, quasi consumandone i solchi, vuoi perchè ogni album era una scelta precisa a costruire un percorso, una discografia. Ricordiamoci che, per costruirisi una discoteca degna di questo nome, ci volevano anni se non una vita. Ogni pezzo aveva un suo senso, ricordava un periodo, una sensazione, una motivazione ed era un passo verso il successivo acquisto, verso il successivo delinearsi di un percorso che veniva costruendosi nel tempo e che rifletteva in toto la propria evoluzione e persino oserei dire personalità.
Come simbolo delle copertine di quel periodo, ho scelto una copertina mancata: quella interna di Meddle.
Quei quattro brutti ceffi dei Pink Floyd ancora giovanissimi, già affermati, ma ancora ad un passo di distanza dal successo mondiale. Quanto le ho fissate qulle foto segnaletiche ascoltando Echoes, One of these days, A pillow of winds, etc.
Le immagini erano rare, non vi era inflazione di video, notizie, interviste, show televisivi vi era ancora la possibilità di fantasticare. In realtà la fantasia vi è ancora oggi ma è molto più difficile esercitarla in un mondo che tende ad esibire tutto. Il pericolo dell'abbondanza odierna e della scelta è di farsi sfuggire i Pink Floyd d'oggi, i Rolling Stones o i Beatles e così via.
Difficile scegliere una strada, costruire un percorso personale in mezzo a una miriade di strade già segnate e perfettamente asfaltate, difficile infine apprezzare appieno musica che si può ottenere senza alcun sforzo e a costo zero.
L'abbondanza sembra distrarci, sembra difficile.
Io non rimpiango un tempo in cui la musica era di difficile reperibilità, oppure un tempo in cui la musica bisognava pagarla a caro prezzo, come a dire: se non costa non vale nulla. No il mio discorso è differente. Trovo sconcertante di questo tempo e del suo modo di fruire della musica vedere persone che non capiscono un'acca avere discografie che nemmeno il più incallito dei completisti si è mai sognato di possedere, vedere persone che senza apprezzare quello che ascoltano sono prese da bulimia per cui hanno migliaia di dischi sul disco rigido (scusate il gioco di parole) senza avene mai ascoltato alcuno. Rimpiango anche in parte che qualcuno che si intenda di musica molto, ma molto, più di me faccia una scrematura preventiva dell'infinita produzione odierna: in altre parole oggi anche cani e porci possono pubblicare le loro cazzate, mentre, quando al lavoro vi erano fior di produttori (penso, per dirne uno al mitico produttore di Miles, Teo Macero) certe ciofeche non arrivavano in studio o ne arrivavano molte meno. Oggi quel lavoro di scrematura dalle cazzate me lo deve fare da solo. Bè è una rottura clamorosa e posso pure prendere qualche bel granchio, olte a perdere un sacco di tempo. Tra l'altro, l'atteggiamento del non appassionato, che accede comunque a discografie intere per il semplice gusto di accumulare, in una qualche misura nutre nell'inconscio collettivo l'idea che la musica, per il fatto di essere liberamente accessibile, sia solo un semplice oggetto di consumo senza alcun valore intrinseco. E addio all'arte o a quel che ne è rimasto.
Infine ci sarebbe anche da parlare della funzione dei critici musicali. Oggi vengono snobbati allegramente (anche da me che tendo a far le mie scelte da solo o su consiglio di amici fidati i.e. : che hanno i miei stessi gusti :) ), ma invece avevano e potrebbero ancora avere una loro funzione “specialistica” di aiutare l'amante della musica in un suo percorso di crescita ed evoluzione culturale. Ma magari, su questo specifico aspetto della critica si accenderà un dibattito (me lo auguro), e mi riprometto di tornarci su in modo più specifico e meno superficiale.