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Talking Heads a Bologna. 30 anni fa...
Accetto con molto piacere l'invito di Alle e butto giù due cose senza pretese, per ricordare il trentennale del più straordinario concerto a cui abbia assistito, anche perchè Alle mi ha fatto notare che, non facendolo, ucciderei un cucciolo, per cui... in ogni caso... IL BOSS mi ha sfinito... e così ne salvo un paio, quantomeno.
Allora, perchè celebrare il trentennale di quel concerto? Per il semplice motivo che i Talking Heads, e David Byrne in particolare, son coloro che han fatto cambiare il mio modo di vedere e concepire la musica.
Correva il 1980 ed io ero un giovincello che da un paio d'anni si era tuffato in quella che era una vera e propria rivoluzione musicale... il punk prima, la new wave dopo, con la loro dirompente voglia di novità, di distacco dal passato, un mondo musicale incancrenito da disco music e supergruppi vari.
Conoscevo già, ovviamente, i T.H., ma il mio approccio era, come dire, di natura più "intellettuale" (in senso lato)... ascoltavo gruppi come Joy Division, Cure, Pil... il tutto alquanto seriosamente.
Con la stessa logica, quindi, mi recai a Bologna, per assister al loro concerto, e inizialmente mi trovai ad ascoltare un concerto normale, bello, ma senza particolari sorprese. Oddio,una piccola sorpresa c'era stata fin da subito... primo pezzo psycho killer, e oltre ai 4 (Byrne, Weimouth, Harrison, Frantz), spiccava un quinto elemento, un chitarrista che già sapevo pazzesco per averlo sentito con Zappa prima e Bowie poi... parlo naturalmente di Adrian Belew, che iniziò a sconvolgerci fin da subito... poi fu il turno di "Warning Sign", di "Cities", di "Drugs"... tutto bello, ma direi nella norma... uno alla volta, però, cominciarono ad aggiungersi nuovi musicisti... un tastierista (Bernie Worrell, già Funkadelic... Buster Jones, favoloso bassista, Steve Scales, percussionista... Doett Mcdonald, corista)
A questo punto il suono improvvisamente cambiò, sulle note di "I Zimbra", trasformando quello che era stato fino a quel concerto un normale concerto nel più incredibile miscuglio fra funky e musica ballabile che avessi mai sentito.
Tutto il pubblico avvertì il cambiamento, tutti inziarono a guardarsi, cercando di capire cosa stesse succedendo... nel giro di pochi minuti i 10.000 del palazzo cominciarono a ballare e saltare... in mezzo a quel caos c'ero pure io, ovvio... mai divertito tanto a un concerto in vita mia.
Le canzoni di "Remain in Light" scorsero una dopo l'altra, fino al bis di "The Great Curve", con un Belew addirittura pazzesco... a fine concerto mi ritrovai esausto e, come dicevo, mi resi conto che la mia idea della musica era sostanzialmente cambiata... non solo cervello, ma anche gambe e stomaco... in realtà, si trattava di musica assolutamente intellettuale, la miglior miscela fra musica bianca e nera mai sentita, ma tant'è... in ogni caso... la cosa migliore credo sia postare anche un brano... qui non siamo a Bologna, ma a Roma il giorno dopo, per cui cambia poco...
Allora, perchè celebrare il trentennale di quel concerto? Per il semplice motivo che i Talking Heads, e David Byrne in particolare, son coloro che han fatto cambiare il mio modo di vedere e concepire la musica.
Correva il 1980 ed io ero un giovincello che da un paio d'anni si era tuffato in quella che era una vera e propria rivoluzione musicale... il punk prima, la new wave dopo, con la loro dirompente voglia di novità, di distacco dal passato, un mondo musicale incancrenito da disco music e supergruppi vari.
Conoscevo già, ovviamente, i T.H., ma il mio approccio era, come dire, di natura più "intellettuale" (in senso lato)... ascoltavo gruppi come Joy Division, Cure, Pil... il tutto alquanto seriosamente.
Con la stessa logica, quindi, mi recai a Bologna, per assister al loro concerto, e inizialmente mi trovai ad ascoltare un concerto normale, bello, ma senza particolari sorprese. Oddio,una piccola sorpresa c'era stata fin da subito... primo pezzo psycho killer, e oltre ai 4 (Byrne, Weimouth, Harrison, Frantz), spiccava un quinto elemento, un chitarrista che già sapevo pazzesco per averlo sentito con Zappa prima e Bowie poi... parlo naturalmente di Adrian Belew, che iniziò a sconvolgerci fin da subito... poi fu il turno di "Warning Sign", di "Cities", di "Drugs"... tutto bello, ma direi nella norma... uno alla volta, però, cominciarono ad aggiungersi nuovi musicisti... un tastierista (Bernie Worrell, già Funkadelic... Buster Jones, favoloso bassista, Steve Scales, percussionista... Doett Mcdonald, corista)
A questo punto il suono improvvisamente cambiò, sulle note di "I Zimbra", trasformando quello che era stato fino a quel concerto un normale concerto nel più incredibile miscuglio fra funky e musica ballabile che avessi mai sentito.
Tutto il pubblico avvertì il cambiamento, tutti inziarono a guardarsi, cercando di capire cosa stesse succedendo... nel giro di pochi minuti i 10.000 del palazzo cominciarono a ballare e saltare... in mezzo a quel caos c'ero pure io, ovvio... mai divertito tanto a un concerto in vita mia.
Le canzoni di "Remain in Light" scorsero una dopo l'altra, fino al bis di "The Great Curve", con un Belew addirittura pazzesco... a fine concerto mi ritrovai esausto e, come dicevo, mi resi conto che la mia idea della musica era sostanzialmente cambiata... non solo cervello, ma anche gambe e stomaco... in realtà, si trattava di musica assolutamente intellettuale, la miglior miscela fra musica bianca e nera mai sentita, ma tant'è... in ogni caso... la cosa migliore credo sia postare anche un brano... qui non siamo a Bologna, ma a Roma il giorno dopo, per cui cambia poco...