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Mogwai - Music For A Forgotten Future (The Singing Mountain)

Ebbene, i Mogwai spiattellano tranquilli questo bonus cd come se niente fosse, ed io salto sulla sedia. Sono cose belle; dai uno dei tuoi gruppi storici per morti dentro e loro a sorpresa piazzano un colpaccio secco, così.
Music for a forgotten future è una suite di 23 minuti, senza ritmo, principalmente per archi e tastiere. Si potrebbe immaginare che sia farina del sacco di Burns, ma non importa. Ciò che conta è che si tratta di 23 minuti di purissima magia, una sorta di soundtrack struggente di quelle che provocano pelle d'oca. I primi 10 minuti vedono un interplay fra piano, Rhodes elettrico ed (immagino) un quartetto d'archi, un drones acuto in sottofondo; lo schema compositivo è di un minimalismo che potrebbe ricordare certe cose di Basinski o Library Tapes.
Molto lentamente il pezzo si evolve e verso la decina di minuti fa la sua comparsa anche una chitarra che ricalca il piano; gli archi continuano a spessorare con decisione il sottofondo.
Al terzo cambio sensibile, attorno ai 15 minuti, entra anche un basso pesante, le chitarre si distorcono un pochettino e l'enfasi sempre più solenne; ci si aspetta quasi che i Mogwai da un momento all'altro possano esplodere come nella loro tradizione, ed invece a sorpresa il pezzo implode su se stesso, scemando nel giro di mezzo minuto.
Ma non è ancora finita: dal pulviscolo atmosferico susseguente risorgono gli archi che eseguono il tema iniziale, in perfetta solitudine, a basso volume.
Un brivido scorre lungo la schiena.
Mogwai - Hardcore will never die, but you will

Ogni 2-3 anni i Mogwai tornano e confido in una rinascita, in un colpo di classe che cancelli i passi falsi precedenti. Perchè a mio avviso il sentiero discendente è stato imboccato inesorabilmente, a partire da Happy songs for happy people che già denotava qualche segno di stanchezza, giusto riscattato da alcune gemme indimenticabili.
Se Mr. Beast già faceva storcere un po' il naso, The hawk is howling mi aveva a dir poco orripilato. Ed ora Hardcore, disponibile da una settimana. Mah.
Il mese scorso c'era stato l'antipasto di Rano Pano e pensavo, siamo alle solite. Con quei chitarroni muscolari, quelle ritmiche così squadrate e piene, scomparso anche il buongusto di Burns che cade in banali frasi di synth. Dove sono finiti i miei idoli? Ma sono ancora loro?
Amaro il destino di chi parte subito in quarta e sconvolge con capolavori capisaldi di un genere intero. Ricordo pochissimi shock nella mia vita eguali a Young team, rare conferme come Come on die young. In me li difendevo anche quando venivano discussi con Rock Action e My father my king. Ad andar bene quelli che dubitavano allora, sono quelli che adesso li osannano.
In sostanza Hardcore è un altra cocente delusione. La classe non basta più. Non c'è più il senso di avventura, la voglia di sorprendere o di estremizzare. Ovvio che non si pretendesse da loro di eguagliare gli highlights degli inizi, ma neanche di scavare sotto il barile. San Pedro e George square thatcher death part, tanto per partire dai peggiori, sono imbarazzanti balzelli di neo-new-wave. Voglio dire, già gli ultimi Interpol sono alquanto pessimi, non abbiamo bisogno certo che i Mogwai ne facciano una parodia. Oltretutto quando Braithwaite attiva il vocoder non c'è tanto da ridere: Mexican Grand Prix inizia come un qualsiasi pezzo degli Stereolab e finisce su lidi Trans Am di mezzo, senza avere nè il genuino candore dei primi nè l'autoironia dissacrante dei secondi.
Un grosso problema è la latente autoindulgenza che sembra permeare i 5 dall'inizio alla fine, anche quando cercano di stabilire un contatto con i migliori episodi degli ultimi anni. La solennità plastificata di White Noise, il minimale girare a vuoto di How to be a werewolf, la zavorra tronfia di You're Lionel Richie, è tutto un immane buco nell'acqua.
Alla fine, purtroppo, sono solo un paio i pezzi che si salvano. Il crescendo sinfonico di Too raging to cheers perlomeno tiene desta l'attenzione. E soprattutto la bella Letters to the metro, tenue e delicata contemplazione autunnale. Chissà perchè, è anche quella più modesta strumentalmente, in cui non cercano di strafare.
Hardcore non m'impedirà comunque di andarli a vedere live, per la mia prima volta, all'Estragon in Marzo. Confidando di sentire almeno qualche inno del passato.