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Il giorno più noioso del secolo



Il giorno più noioso del Novecento, secondo i calcoli algoritmici di un computerone in mano a scienziati di Cambridge, UK, ha deciso: quel giorno è stato domenica 11 aprile 1954. Quella domenica, pare, in tutto il mondo non successe praticamente nulla. A parte le elezioni in Belgio, la morte di un calciatore di football inglese, Jack Shufflebothan, e la nascita del futuro rettore della facoltà di ingegneria di Birkent in Turchia. True Knowledge, il vero sapere, l’algoritmo in questione, ha passato in rassegna 300 milioni di eventi per giungere a stabilire ciò. A parte che dubito che il computerone possa aver saputo quanto, magari, gli abitanti di un villaggio sulla costa meridionale del Messico quella domenica pomeriggio se la siano spassata divertendosi un sacco, o quanto gli abitanti della foresta del Burundi possano non essersi annoiati cercando di sopravvivere alla fame, è una data significativa. 11 aprile 1954.

Quella domenica 11 aprile 1954, un simpatico cantante grassottello con un impossibile ciuffo imbrillantinato sula fronte, stava per recarsi a New York City. Probabilmente per lui, come per mezzo universo, quella domenica fu noiosissima. Non sarebbe stato così il giorno successivo. Lui e la sua band avevano lasciato da poco l’etichetta per cui incidevano, la Essex Records, e con cui avevano raggiunto un paio di successi in classifica il più notevole dei quali una ripresa di Shake Rattle and Roll che erano riusciti a portare al numero uno della chart R&B. Ma avevano firmato per una ben più prestigiosa etichetta, la Decca Records. Lunedì 12 aprile 1954 avevano appuntamento ai Pythian Temple Studios della Grande Mela per una seduta di registrazione. La seduta quasi andò a quel paese perché il battello che li trasportava da Philadelphia rimase bloccato per qualche motivo. Comunque ce la fecero. D’altro canto gli appuntamenti con il destino non si sfuggono. Che destino sarebbe se no? Li aspettava il produttore Milt Gabler che in passato aveva lavorato anche con Billie Holiday. Lavorarono tutto il giorno, secondo il suo suggerimento, a un brano intitolato Thirteen Women (and Only One Man in Town), un titolo decisamente molto rock’n’rol. Ma il rock’n’roll non esisteva ancora. Per poche ore.

Il cantante cicciotello e dall’impossibile ciuffo sulla fronte faceva di nome Bill Haley. La sua band, The Comets. Da qualche parte a Memphis un bel ragazzone di nome Elvis stava guidando il camion per cui faceva l’autista, facendo sogni di... no, il rock’n’roll non c’era ancora. Ma sognava forte il ragazzo. In quello studio di New York invece, dopo una estenuante giornata di inutili registrazioni, Bill e i suoi ragazzi, decidono di provare un altro pezzo. E’ una canzone che è stata già incisa un paio di anni prima, un blues scritto da Max C. Freedman and James E. Myers. In studio c’è anche un chitarrista, un italo americano dall’assurdo nome di Danny Cedrone che aveva già registrato in passato con Bill Haley. Il pezzo che decidono di fare si intitola Rock Around the Clock. Ne fanno due registrazioni, poi il tecnico in studio le monterà assieme. L’assolo di chitarra che ne tira fuori Cedrone passerà alla storia come uno dei più significativi assolo di chitarra rock di tutti i tempi. Purtroppo per lui, non farà in tempo a gustarne la gloria: il 17 giugno di quell’anno cade da una scalinata e muore sul colpo. Ci sarà molto più da divertirsi però nel prossimo futuro. Rock Around the Clock viene pubblicata come B side di Thirteen Women (and Only One Man in Town) poche settimane dopo. Viene bellamente ignorata dal pubblico e si rivela un flop. Fino a circa un anno dopo, quando inserita nella colonna sonora del film Blackboard Jungle, epsloderà a livello mondiale. Ma soprattutto farà esplodere qualcos’altro: la grande festa del rock’n’roll. Che noiosa proprio non si potrà mai definire. Magari di basso livello a volte, ma mai noiosa, almeno quanto una domenica 11 aprile 1954. Sebbene nel luglio di quello stesso anno il ragazzone di Memphis che faceva l’autista di camion indovinava anche lui la canzone “evento” che avrebbe aiutato ad accendere la miccia del più grande party del secolo scorso – che a buon conto sembra ancora non essere finito – Rock Around the Clock sarebbe passata alla storia come l’inno ufficiale dei giovani ribelli degli anni 50, e la canzone che più di ogni altra, anche più di quelle del ragazzone di Memphis, avrebbe portato il rock’n’roll nella cultura popolare mondiale.

Eh sì, quell’11 aprile 1954 era proprio una noia. Ci voleva qualcuno che il giorno dopo cambiasse il corso degli eventi. D’altro canto, come dice lo scrittore americano Greil Marcus, “il rock’n’roll è quella cosa misteriosa che sembra venuta dal nulla e che ha cambiato il corso degli eventi”. Coincidenze? No. A meno che non siate così superficiali da non credere a quel ragazzo di colore che un giorno a un incrocio si vendetta l’anima al diavolo per suonare il blues. Perché il diavolo esiste. E anche il rock’n’roll. Around the clock.

6 commenti a "Il giorno più noioso del secolo"

  1. Bel post, si può proprio dire che qualcosa sia iniziato da quella noiosa Domenica, vero?

  2. Chissà di cosa staremmo scrivendo...

  3. E quella noia venne rotta dal sacro fuoco del Rock And Roll, mi piace pensarla così :)

  4. Anonimo dice:

    "...Have you heard the news? There's good rockin' tonight..."

    E bravo Paolo!

    Francesca

  5. andrea dice:

    Non so se quel giorno sia stato noioso o meno. Di sicuro ha contribuito a rendere più eccitanti i 56 anni successivi.

  6. Andrea, parole sante assolutamente.

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