Born to run è l'album di Springsteen che segna il passaggio dallo status di rocker famoso solo nel New Jersey, per i suoi interminabili e super energetici concerti, a stella del firmamento internazionale della musica. I primi due album "Greetings from Asbury Park NJ" e "The Wild the Innocent & the E street shuffle" non ebbero il successo che la casa discografica si attendeva. Springsteen si trovava di fronte al bivio, da una parte una onesta carriera, probabilmente a declinare lentamente, in ambito locale, e dall'altra parte l'ultima occasione per diventare il Boss. Si sa com'è andata.Il disco si apre con "Thunder road". Comincia con le note stridenti dell'armonica a bocca e di un pianoforte. La canzone secondo me è struggente. Ha una particolarità: è posizionata in apertura di disco quando dovrebbe essere posta in chiusura. Armonica….pianoforte …la voce di Springsteen… "The screen door slams.....Roy Orbison's singing for the lonely", sottintendono che qualcosa sia già successo. Molti dicono che la canzone sia trascinante e colgono tutt'altro che il senso di nostalgia, che ravviso io. Allora per controprova provate ad ascoltarne la versione che si trova, oltre che in decine di bootleg, su "Live 1975-1985".:è' completamente diversa. Credo che si possa spiegare questa differenza di sensazioni che si provano circa la medesima canzone, facendo alcune considerazioni. Una prima è legata all'arrangiamento della stessa. Su "Born to run" , la canzone nasce, in fase di composizione, al pianoforte, gli arrangiamenti sono ricchi, forse troppo, e ne accentuano il tono epico, della partenza verso un futuro di successo, solo l'armonica ne caratterizza un aspetto che al tempo era senz'altro presente all'autore, quello del lasciare il mondo che lo ha visto crescere. Nell'arrangiamento molto più scarno e semplice proposto in "Live 1975-1985" invece mette l'accento sul passato, su qualcosa di irripetibile, sulla sua formazione, su un mondo che non c'è più, tutto ciò che è qui esplicito era già implicito nell'originale. Springsteen stava partendo, si stava trasformando, la sua sensibilità, il suo mondo poetico era cambiato, maturato. Qui il boss parla di sé e di tutti noi che cresciamo, che lasciamo le stanze, le strade della nostra infanzia, della nostra giovinezza, i nostri ricordi e gli oggetti che li ospitano. Qui non siamo più ad Asbury park, potrebbe essere qualunque luogo dell'america o del mondo.
I personaggi che Springsteen ci propone diventano universali, come avviene nella grande letteratura, trascendono il tempo e lo spazio e noi ci possiamo riconoscere in loro ora come trent'anni fa o fra trent'anni.L'autore diventa adulto, così come i suoi testi, la sua musica; ancora una citazione del boss:"Quando la vetrata sbatte in Thunder Road non ci troviamo più necessariamente lungo la costa del New Jersey. Potremmo essere ovunque in America. Così iniziarono a prendere forma i personaggi, di cui avrei delineato le vite nei decenni successivi. Quello fu l'album in cui superai le mie concezioni adolescenziali dell'amore e della libertà."Infine c'è una particolarità del modo di scrivere canzoni di Springsteen, che si trova già in Thunder road e per estensione nell'album Born to run. Si tratta di questo: in alcune canzoni, l'ho notato soprattutto in quelle di maggior successo, la scrittura della musica e dei testi sembrano andare in contraddizione, su due vie divergenti. Così l'arrangiamento fin troppo ricco di Thunder road evoca un incedere grandioso, di speranze e sempre nuovi orizzonti, mentre il testo è permeato di dolore e nostalgia i versi finali della canzone dicono:
"It's a town full of losers ,And i'm pulling out of here to win"
"E' una città di perdenti, e io me ne sto andando per vincere"
Questi versi dicono molte cose, dicono che si allontana dalla sua città, dai suoi affetti, costretto a cercare una rivincita e il successo altrove, è anche lui, e ne è consapevole, tra i perdenti e l'unica reazione possibile è la partenza.
Anni dopo, nella sua canzone di maggior successo "Born in the U.S.A.", accanto ad un testo durissimo, che è un pugno nello stomaco al modo di vivere americano e alle condizioni di vita dei poveri in america (ne riporto a titolo esemplificativo solo i primi due versi):
"Born down in a dead man's town, The first kick was when i hit the ground"
"Nato in una città di morti, Il primo calcio l'ho preso quando ho toccato terra"
si affianca una musica che al contrario sembra un inno all'"american way of life", tanto che la canzone fu pesantemente strumentalizzata da Reagan negli anni '80, e solo relativamente di recente Springsteen l'ha riconfezionata con un arrangiamneto acustico che ha tolto tutti i dubbi interpretativi circa il reale significato da attribuirle.Tutta la carriera di Springsteen a cominciare dalla metà degli anni settanta e ad arrivare alla maturità degli anni 90 sembra venata da questa schizofrenia testo-musica, quasi avesse bisogno di suonare dal vivo per molto tempo le sue canzoni perché queste si stabilizzino su un'interpretazione definitiva, vengano sviluppate dal loro nucleo originale.
I personaggi che Springsteen ci propone diventano universali, come avviene nella grande letteratura, trascendono il tempo e lo spazio e noi ci possiamo riconoscere in loro ora come trent'anni fa o fra trent'anni.L'autore diventa adulto, così come i suoi testi, la sua musica; ancora una citazione del boss:"Quando la vetrata sbatte in Thunder Road non ci troviamo più necessariamente lungo la costa del New Jersey. Potremmo essere ovunque in America. Così iniziarono a prendere forma i personaggi, di cui avrei delineato le vite nei decenni successivi. Quello fu l'album in cui superai le mie concezioni adolescenziali dell'amore e della libertà."Infine c'è una particolarità del modo di scrivere canzoni di Springsteen, che si trova già in Thunder road e per estensione nell'album Born to run. Si tratta di questo: in alcune canzoni, l'ho notato soprattutto in quelle di maggior successo, la scrittura della musica e dei testi sembrano andare in contraddizione, su due vie divergenti. Così l'arrangiamento fin troppo ricco di Thunder road evoca un incedere grandioso, di speranze e sempre nuovi orizzonti, mentre il testo è permeato di dolore e nostalgia i versi finali della canzone dicono:
"It's a town full of losers ,And i'm pulling out of here to win"
"E' una città di perdenti, e io me ne sto andando per vincere"
Questi versi dicono molte cose, dicono che si allontana dalla sua città, dai suoi affetti, costretto a cercare una rivincita e il successo altrove, è anche lui, e ne è consapevole, tra i perdenti e l'unica reazione possibile è la partenza.
Anni dopo, nella sua canzone di maggior successo "Born in the U.S.A.", accanto ad un testo durissimo, che è un pugno nello stomaco al modo di vivere americano e alle condizioni di vita dei poveri in america (ne riporto a titolo esemplificativo solo i primi due versi):
"Born down in a dead man's town, The first kick was when i hit the ground"
"Nato in una città di morti, Il primo calcio l'ho preso quando ho toccato terra"
si affianca una musica che al contrario sembra un inno all'"american way of life", tanto che la canzone fu pesantemente strumentalizzata da Reagan negli anni '80, e solo relativamente di recente Springsteen l'ha riconfezionata con un arrangiamneto acustico che ha tolto tutti i dubbi interpretativi circa il reale significato da attribuirle.Tutta la carriera di Springsteen a cominciare dalla metà degli anni settanta e ad arrivare alla maturità degli anni 90 sembra venata da questa schizofrenia testo-musica, quasi avesse bisogno di suonare dal vivo per molto tempo le sue canzoni perché queste si stabilizzino su un'interpretazione definitiva, vengano sviluppate dal loro nucleo originale.
Bel post. Anch'io ho sempre preferito la versione del live 75-85 a quella in studio.
OO
Il solito baluba qui sopra.
...io adoro Greetings from Asbury Park...
Molto interessante il discorso della schizofrenia testo-musica, che condivido in pieno. E anche quello sulla crescita (maturazione) progressiva delle canzoni del boss. Una cosa che, per esempio, secondo me non accade con quelle di Dylan che, per quanto universali, generalmente "muoiono" lì, nonostante le interpretazioni distorte e i cambi di arrangiamento dal vivo.
Unica cosa che non sopporto del Boss, ma è l'unica davvero. La ridondanza di certi arrangiamenti (io sono un fanatico del Boss "intimista") e Thunder Road versione Born to run ne è forse il capostipite.
Cento volte meglio, per i miei gusti, la versione del live 75-85.
silvano sei un amico,ma proprio non ce la faccio..eh
Brazz... e se non piace non piace. C'è poco da fare. Quello che non capisco bene è che (non è il tuo caso) non lo si trovi interessante. Magari musicalmente fa "solo" r'n'r' ma come testi lo trovo straordinario. Non credo di esagerare, ma riesce a far letteratura nella forma canzone. Non sono in tanti a questo livello, giusto lui e Dylan (ci saranno anche altri ma al momento mi viene in mente solo lui).
ma silvano guarda..musicalmente lo trovo,scusa,atroce..detesto quel tipo di mjusica nbon ci posso fare niente..riguardo ai tesi..bà,insomma,dylan trovo che sia decisamente altra merce..ma forse è la mia prevenzione naturale..lo trovo comunque abbastanza retorico
"de gustibus non est ad sputazzellam!"
Adoro Springsteen, forse fra i tanti è il mio Artista preferito, ma riconosco con fierezza e convinzione che Dylan è stato, è ora e sempre sarà il N° 1, del resto senza Dylan Springsteen (e milioni di altri) non esisterebbe, o forse sarebbe diverso...
A volte penso a cosa sarebbe la Musica oggi se Lennon non fosse stato ucciso, se Hendrix non fosse morto per colpa propria, se Dylan fosse rimasto a lavoricchiare a Duluth...
Dai, Bruce è comunque un grande
E' vero chissà se Janis, Jim e Ian fossero vivi ?
Un po' come Brazz: ci ho provato a più riprese nel corso degli anni, ma niente da fare; proprio una questione prettamente musicale. Non ho niente contro la persona, anzi mi è pure simpatico.
silvano, è quasi inutile dire che non sono per nulla d'accordo sul Boss, ma condivido con te lo stupore per il fatto che qualcuno possa non apprezzare qualcosa che a "noi" sembra, senza ombra di dubbio, assolutamente, chiaramente e indiscutibilmente grande.
Trovo abbastanza deprimente, ad esempio, la quasi assoluta mancanza di apprezzamenti per le due canzoni inserite nel post su Tony Buddenbrook/Stefano Giaccone, che sono per me di una bellezza evidente, eppure non molti (eufemismo) le hanno apprezzate; ed è per me una cosa impossibile da capire, a mio parere basta ascoltare una volta quei due pezzi per capire che siamo di fronte a due capolavori assoluti.
Skywalkerboh, rimandato in latino per l'orrida maccheronizzazione del "de gustibus"... :)
Sull'Amaca: mi dai l'opportunità di riciclare una delle mie spigolature preferite da "Vinile", questa:
"The Cure -Why can't I be You
La differenza principale tra i miti (Ian Curtis) e le leggende viventi (Robert Smith) è che le ultime non essendo morte (per definizione) hanno tutto il tempo che vogliono per ingrassare, sputtanarsi e arricchire. (Charlie)"
Lucien, sottoscrivo in pieno il tuo commento.
@ Allelimo
he he he non ho aggiunto a caso Ian ...
quando lessi quella frase su Vinile (al tempo ero adolescente) mi colpì molto.
Per la cronaca Charlie è Carlo Albertoli uno dei fondatori della fanzine Vinile e dell'etichetta Vox Pop.
Ciao. A me piacciono molto sia Stefano Giaccone che Bruce Springsteen. Intendo dire che sono ascolti abituali e ripetuti da trenta-trentacinque anni a questa parte. Ascolto anche molto altro, beninteso, mica solo loro. Non riesco a comprendere la ragione di questa contrapposizione: a me fanno stare bene tutt'e due, sono contentissimo che entrambi cantino e suonino. Anzi, sono contento che in giro per il mondo ci sia gente che canta e che suona. Avevo affrontato un discorso piuttosto simile ancora sulle pagine di Rockgarage (1983): un caro amico e compagno anarcopunk mi aveva criticato perché avevo acquistato un disco dei Clash. Secondo lui non avrei dovuto farlo: avrei dovuto invece sostenere i musicisti del circuito antagonista. Quella era la sua idea di coerenza. Non la mia. Certo, era una posizione condivisibile, ma non sono mai stato capace di mettermi al posto di qualcun altro (io l'ho scritto così alla cazzo, ma Fabrizio de André aveva usato proprio le parole giuste). A quasi trent'anni di distanza sono ancora convinto della bontà del mio acquisto, e continuo a provare un grande e sincero affetto per quel mio caro amico e compagno. Fino a che punto ci si può azzardare ad alimentare le diversità senza produrre uno scontro? Non voglio convertire nessuno, ma prima di sentenziare sull'insufficienza dello spessore dei testi di Bruce Springsteen mi permetto di suggerire la lettura di "La voce, la chitarra e l'altoforno" di Davide Battaglia, edito dalla CGIL di Bergamo. Grazie per l'ospitalità.
Marco Pandin
Marco, per quello che mi riguarda non c'è nessuna contrapposizione tra BS e SG, anzi nella mia risposta li accomunavo come esempi di artisti che, da diversi punti di vista, sembra impossibile che qualcuno possa non apprezzarli.
Poi certo, a me BS non piace per nulla, ma questo è un discorso diverso, ed è anche uno dei "tormentoni" dei miei interventi su questo ed altri blog.
Sono anch'io contento che entrambi suonino e cantino: c'è sicuramente spazio per tutti, così come per i Clash e i Crass, per Richard Skelton e Vasco Rossi, per i Franti e per gli Amici di Maria de Filippi.
Ognuno dirà qualcosa a qualcuno, e nessuno dirà qualcosa a tutti: però poi io scelgo di "ascoltare" qualcuno e non qualcun altro.
Tra i miei "qualcuno" BS non ha mai trovato spazio musicalmente. Se poi scrive dei testi bellissimi e me li sono persi, beh, pazienza.
E' il solito discorso di tempi e spazi: anche limitando il discorso alla pura parte musicale, ho sempre trovato cose più interessanti per riempire i miei.
Finisco dicendo che a me sta benissimo che qualcuno mi dica che apprezza Clash e Crass e BS e SG, mentre mi sta molto meno bene che qualcuno sia convinto che non ci sia vita oltre BS, Bob Dylan, Pink Floyd e Genesis. E ce ne sono tanti così in giro...
ecco che ritorna di nuovo sui suoi passi.
uno pensa che si vergogni di dimostrare che la sua parola non vale niente per l’ennesima volta.
e invece no.
ma tanto si sapeva, non è una novità, lo fa tutte le volte. sono le altre persone che ogni volta ci cascano e lo supplicano di non smettere di scrivere e di commentare.
lui invece dice che ha deciso e che non torna indietro e poi dopo qualche giorno fa finta di niente e ricomincia a scrivere. non so come fa a non vergognarsi.
comunque anche se patetico è divertente dai. è sempre bello vedere che si ha puntualmente ragione.
@Anonimo: trovo che la replica di Allelimo al mio commento sia chiarificatrice ed accettabilissima. In tutta onestà non capisco di che cosa dovrebbe vergognarsi. Un'altra cosa che non capisco è cosa possa spingere a contribuire ad una discussione con commenti così carichi di livore senza poi firmarli.
Marco Pandin
@ Marco Pandin si, hai scritto proprio bene anch'io al tempo presi i Clash e i Crass, entrambi mi sono piaciuti e mi hanno fatto crescere, nel mio piccolo, come persona. Ciao e ben ritrovato anche qui.
Personalmente conosco poco BS però mi piace molto Nebraska...per seguire un filo rosso amo molto la versione acustica di State Trooper che ne fece Manuel Agnelli degli Afterhours, se non ricordo male durante una session radiofonica a Radio Popolare.
@Sull'Amaca: ciao.
@Allelimo: mi sa che devo avere da qualche parte a casa un vecchio demo di Stefano alle prese con una versione springsteeniana di "Così che va"... Cerco di trovarlo e di mandartelo.
@Anonimo: trovo che la replica di Allelimo alla mia osservazione sia soddisfacente ed accettabilissima. Non riesco a capire di che cosa dovrebbe vergognarsi. Di ascoltare cose diverse da quelle che ascolto io e da quelle che ascolti tu? Di avere delle preferenze? Lo rimproveri del fatto che la sua coerenza non somigli alla tua? E' davvero sufficiente questo per giustificare la tua rabbia e per nasconderti dietro l'anonimato?
Marco Pandin
marco il mio commento non era relativo a questo post o a quello che ha scritto allelimo ma al fatto che qualche giorno fa aveva fatto una sparata dicendo che non avrebbe mai più partecipato a questo blog né scrivendo né commentando e ribadendo che la sua era una decisione inamovibile anche dopo le preghiere di alcuni utenti. Siccome la stessa cosa era successa con il suo blog precedente in cui aveva fatto lo stesso siparietto per poi tornare a scrivere, quando l’ha scritto qui io avrei scommesso la casa che poi sarebbe tornato a scrivere rimangiandosi la sua parola così categorica.
soprattutto spero che quelli che ogni volta lo supplicano di non smettere di scrivere prima o poi imparino che devono semplicemente ignorarlo per qualche giorno e che poi torna come sempre, invece che stare a aumentare il suo egocentrismo supplicandolo ogni volta di restare e decantandone le lodi.
@Anonimo: la precisazione contribuisce un po' poco a dissolvere le mie perplessità, ma ti ringrazio comunque. Giaccone, Springsteen, Crass, Clash sono tutte scuse: abbiamo un'idea diversa di coerenza, è chiaro che ce la siamo costruita ciascuno con quello che ci siamo ritrovati per le mani ogni giorno. Non so te, ma nella vita io mi sono ritrovato più volte a essere costretto a cambiare idea: è stata un'esperienza fortificante e, lo ammetto, felice. Non so come si faccia a non avere dubbi.